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giovedì 27 marzo 2014

30 anni prima, 28 marzo 1984: Larry Wright contro tutti

Mercoledì 28 marzo 1984, meno uno. Piove sul lago Lemano. Piove di tutto, quest'anno, sul Bancoroma. Le gocce che fanno traboccare il lago (il vaso è già colmo) arrivano di prima mattina. Su Repubblica c'è un'intervista a Larry Wright realizzata da Emanuela Audisio. Wright ce l'ha con tutti. Sentite: “Qui la gente gioca come se andasse a timbrare un cartellino al lavoro. Finita l'ora, finito il lavoro. Del risultato non gli importa. E sa perché? Perché firmato il contratto uno sta a posto tutto l'anno, non viene licenziato, al massimo sta in panchina ma lo stipendio arriva lo stesso. In America ci sono i tagli, se uno è improduttivo sloggia e c'è la fila per rimpiazzarlo. Bianchini? Buon allenatore, ma in America non durerebbe. Nessuno si farebbe urlare dietro le cose che urla lui. Ma lo capisco, deve fare scenate, altrimenti i ragazzi non lo capiscono. Io da casa me ne sono andato a 16 anni, questi invece... lasciamo perdere. Individualmente sono tutti bravi ragazzi, ma la testa, quella, è un'altra cosa. I miei compagni mi rispettano, non mi amano. C'è una sensibile differenza, deve esserci e io voglio che ci sia. In due anni a casa dei miei compagni sono andato tre volte, perché solo tre volte sono stato invitato. Spero che capiscano l'importanza di questa partita”.



Apriti cielo. Varie colazioni vanno di traverso, lasciando macchie di caffè sulle copie de “La Repubblica”. In questo clima, il Banco svolge un doppio allenamento. Kea è l'osservato speciale, non gioca una partita da 20 giorni. Ogni volta che incrocia lo sguardo di Bianchini urla: “Coach, sono in forma! Sono in forma! Sono in forma!”. Una sola seduta con fotografi, giornalisti, mogli e fidanzate per il Barcellona.


Bianchini programma la sua conferenza stampa dopo quella di Serra e si fa riferire ciò che ha detto il collega. Serra mette le mani avanti: “Qui ci sono le due migliori squadre d'Europa, ma non i due migliori arbitri. Sento dire che dopo che il Real Madrid ha vinto la Coppa Coppe, la Fiba non vuole che la Spagna vinca due trofei. Mi rifiuto di crederlo e spero che non ci sia un gioco troppo fisico. Voi siete abituati, noi no”. Ed ecco Bianchini: “Rigas è tra i più promettenti, di Grigoriev mi parlano tutti bene. Non credo che verremo penalizzati per il gioco duro. Io lo chiamo progresso. Da noi si difende di più e meglio, da quando sono arrivati gli ex professionisti”. Poi l'arringa finale: “Ai miei giocatori ho detto: Atleti più forti di voi e allenatori più bravi di me non hanno mai avuto l'opportunità di giocare la finale di Coppa Campioni. E' una occasione storica. Siamo pronti a qualsiasi cosa, ma dobbiamo uscire da qui da campioni d'Europa”. Poi allenamento. A metà, Wright si ferma e si tocca una coscia. Paura. Niente di grave, per fortuna.

Se poi, in fin dei conti, volete leggere l'intervista integrale di Wright e sapere come reagirono Bianchini e la squadra, c'è Banco! L'urlo del Palaeur, che trovate qui.

1 commento:

  1. "Del risultato non gli importa. E sa perché? Perché firmato il contratto uno sta a posto tutto l'anno, non viene licenziato, al massimo sta in panchina ma lo stipendio arriva lo stesso. In America ci sono i tagli, se uno è improduttivo sloggia e c'è la fila per rimpiazzarlo". In queste parole le miglior risposte per chi ancora sogna un ritorno al passato, con le squadre sempre uguali da inizio alla fine

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