Trent'anni
fa, appena tornato dal Brasile, il Banco scoprì che non avrebbe potuto utilizzare il Palaeur. L'Ente Eur, infatti, ha
finito i soldi e ha rotto tutti i contratti con le ditte che
dovrebbero occuparsi della manutenzione dell'impianto. E per
risolvere il problema non ci vorrà poco tempo. Il Banco sarà
costretto a giocare in Piazzale Apollodoro chissà fino a quando. Il
Corriere dello Sport definisce la prospettiva “un incubo”.
Bianchini dichiara: “E' incredibile, ma se ai politici non importa
giocheremo a Settebagni. Tornare al Palazzetto è un passo indietro.
Le luci sono inadatte, i canestri poco regolari, gli spogliatoi
penosi, la sala stampa non attrezzata. E tanti saluti all'azione di
divulgazione che abbiamo fatto”. Qualcuno propone che l'Ente Eur
passi al Coni. Qualcun altro propone la copertura del centrale del
tennis. In società sono tutti arrabbiati.
Sono
passati trent'anni. Il centrale del tennis è cambiato due volte, ma
continua a non esserci la copertura. La Virtus per il quarto anno
consecutivo giocherà al Palazzetto, qualcuno è triste
e qualcuno è contento. Accadrà perché non sono stati raggiunti i
2400 abbonati, com'era scontato che fosse. D'altronde, non puoi
pensare di fare il record di abbonamenti degli ultimi 25 anni quando
ha il budget più ridotto degli ultimi 25 anni per fare la squadra (e
pagare l'affitto dell'impianto). Né c'è bisogno di una campagna
abbonamenti per dimostrare che c'è più pubblico all'Eur piuttosto
che al Palazzetto. E' così, è dimostrato sia da 34 anni di storia
in Serie A di questa società, sia da ciò che è avvenuto l'anno
scorso: avanti 2-0 con Cantù, c'erano 2700 persone al Palazzetto.
Sotto 0-2 con Siena, c'erano 6200 persone all'Eur.
L'errore
è stato fatto al punto di partenza. I 34 anni di storia della
società in Serie A, oltre a dimostrare anche che il presunto
“ambiente più caldo” nel Palazzetto incide meno di zero sui
risultati, avrebbero dovuto distogliere dal legare la scelta del
Palasport in cui giocare agli abbonamenti. Perché la cultura
dell'abbonamento qui non c'è mai stata. Abbiamo assistito spesso ad
annate al Palaeur con pochi abbonati ma picchi di presenze importanti
e medie stagionali finali di molto superiori al numero di abbonati.
Già questo sarebbe sufficiente per andare stabilmente all'Eur,
perché l'obiettivo deve essere avere 3501 persone nel palazzo grande
piuttosto che 3499 in quello piccolo. E non ha molto senso sfidare la
gente al grido di: “Volete il Palaeur? Allora abbonatevi”. Una
società che ha l'obiettivo di aumentare i propri tifosi non sfida la
gente, ma le va incontro. L'intenzione forse non era quella, ma a
molti ha dato questa impressione.
Il punto
di arrivo, però, è positivo. Basta cambiare la prospettiva da cui
guardare le cose. La cultura dell'abbonamento non poteva certo essere
creata in un mese. Però i motivi di speranza non mancano. Ci sono
stati tifosi che si sono messi addirittura a volantinare per strada.
E in realtà la Virtus sta iniziando veramente ad andare incontro
alla gente. La campagna abbonamenti è stata fatta bene, andando
incontro a qualsiasi necessità, come mai era successo prima.
Terminerà a novembre, quando è prevista la seconda gara casalinga
di campionato. Se anche ci sarà un solo abbonato in più rispetto
all'anno scorso, ne sarà valsa la pena. E magari un giorno si
tornerà stabilmente al Palaeur. Se anche servisse per avere uno
spettatore in più, col biglietto o con l'abbonamento che sia, ne
varrebbe la pena.
Stavolta non è come 30 anni fa. Non è un passo indietro, ma forse, anche se non si vede, abbiamo iniziato a fare un passetto avanti.
Se poi,
in fin dei conti, volete sapere come andò a finire con l'Ente Eur 30
anni fa, c'è sempre il libro “Banco! L'urlo del Palaeur”.
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