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venerdì 30 maggio 2014

L'urlo del Palaeur.



Salvatore Tommasi, detto Rino, fu il primo. Il 4 giugno 1960, quasi 3 mesi prima dei Giochi olimpici di Cassius Clay e Nino Benvenuti, decise di aprire il Palaeur allo sport. Al pugilato, che fino a quel momento aveva il suo “teatro” romano in un Palasport costruito al Tiburtino con delle vecchie lamiere. Tommasi aveva organizzato la semifinale dei mediomassimi tra Giulio Rinaldi e Germinal Ballarin. S'incamminò verso il Palazzone due ore prima del gong. Vide le macchine parcheggiate sulla salita che porta alla sommità della collinetta e si disse: “E' fatta”. Aveva ragione: i 12255 biglietti messi in vendita erano andati esauriti. Incasso: 25 milioni. Circa 350mila euro di oggi. Da quel giorno, Salvatore Tommasi, detto Rino, ha sempre ripetuto il rito e ogni volta che ha organizzato una riunione ha calcolato esattamente il numero degli spettatori in base alle macchine parcheggiate due ore prima.

Quello che Salvatore Tommasi, detto Rino, maestro di giornalismo, non sa, è che c'è una determinata categoria di persone che è in grado di calcolare la stessa identica proiezione, con la stessa precisione. Sono i tifosi che hanno sempre seguito la Virtus Roma. Se mercoledì prossimo li incontrate fuori dal Palasport e fate guardare loro le macchine parcheggiate, sapranno dirvi con esattezza quale sarà l'affluenza di gara3 contro la Mens Sana Siena.

Questo accade perché, mettetevi l'anima in pace, è il Palaeur la casa della Virtus. Non c'è nessun organizzatore di pugilato (neanche Salvatore Tommasi, detto Rino), nessun cantante o gruppo musicale, nessun partito politico o azienda che l'abbia frequentato più della Pallacanestro Virtus Roma. E ogni volta che ci si è spostati al Palazzetto (nel 1984-85, tra il 2000 e il 2003, tra il 2004 e il 2005, e dal 2011 a oggi) alla fine si è sempre tornati lì. Perché l'acqua va sempre al mare.

Nel tempo, a molti sembra un mostro con cui doversi confrontare, per la paura di vederlo sempre quasi tutto vuoto. Meglio rifugiarsi nel calore del Palazzetto, tra di noi. Comprensibile, perfino umano. Ma la Virtus è una cosa grande che merita che più persone possibile se ne accorgano. Non a caso i segni della nostra grandezza, i trofei e la maglia di Davide, trovano posto al Palaeur ma al Palazzetto no. E vincere questa difficilissima semifinale sarebbe qualcosa da grandi. Bisogna provarci lì. Senza paura del vuoto. Anzi, se non vi è mai capitato di entrare nel Palaeur totalmente vuoto, mercoledì provate ad essere lì all'apertura dei cancelli. Solo quando è tutto vuoto, infatti, riuscite a sentire tutti i diecimila che oggi possono entrarci. Li sentirete tutti e avrete un brivido. Respirerete la storia. L'abbiamo fatta lì, dobbiamo provare anche stavolta a farla lì.

Se sarà pieno, urlate. Perdonate gli occasionali che esulteranno a un canestro segnato dopo il fischio dell'arbitro. Perché non è vero che l'occasionale porta male. In fin dei conti, quest'anno non sono venuti praticamente mai, e abbiamo perso ben 7 partite in casa. Tenendoli fuori, lo scorso anno, è finita com'è finita. Poi certo, non è il Palazzetto che perde le partite e non è il Palaeur che le vince. Ma con 12mila occasionali su 15mila abbiamo vinto il nostro unico scudetto, quando l'abbiamo riaperto nel 1983. Con 10mila occasionali su 13mila abbiamo battuto i primi in classifica, noi che eravamo sesti (appunto...) nel 1996. Con 7mila occasionali su 10mila abbiamo battuto Siena (guarda un po'), quando l'abbiamo riaperto nel 2005.

Se sarà mezzo pieno, urlate ancora di più. Era mezzo pieno quando nel 2006 abbiamo eliminato Siena (guarda un altro po') e poi s'è riempito per il turno successivo. Era mezzo vuoto quando nel 1995 con Monzecchi e Israel battemmo la Fortitudo di Esposito e Djordjevic. Era prima mezzo vuoto e poi mezzo pieno quando nel 1989 conquistammo la salvezza rimontando 13 punti alla Glaxo Verona.

Se sarà vuoto, urlate di più e ancora di più. C'erano mille persone quando nel 1995 eliminammo Siena (guarda ancora un altro po') nei playoff. Al turno successivo ce n'erano 8500. C'erano meno di tremila persone quando nel 1998 battemmo, senza Mario Boni ed Edwards e con Calbini a marcare Rigaudeau, la Kinder Bologna che tre giorni dopo sarebbe diventata campione d'Europa. C'erano 1500 persone quando nel 2007 battemmo il Panathinaikos campione d'Europa e imbattuto in stagione fino a quel momento.


Insomma, il Palaeur non vince le partite. Ma qualcuna l'ha vinta pure lui. In tutte queste occasioni, l'urlo del Palaeur era sempre lo stesso. Perché puoi sentirli tutti anche se non ci sono tutti. Anche mercoledì prossimo. E forse anche domani a Siena. 

Se poi, in fin dei conti, oltre a sentirlo, l'urlo del Palaeur volete anche leggerlo, cliccate qui.

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