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sabato 24 maggio 2014

Alessandro Tonolli: "Virtus, ti amo"

Da Il Romanista di oggi



Vent’anni con la stessa maglia. Quella della Virtus Roma. Oggi, prima della partita della Virtus con Cantù, la Virtus ritirerà la maglia numero 8 di Alessandro Tonolli. Che da due anni non è più capitano, perché nell’ennesimo gesto d’amore per questa società, ha lasciato la fascia prima a Datome e poi a Goss. Ma che da oggi sarà il capitano di sempre e per sempre della Virtus Roma.

In 20 anni di Virtus, quante interviste hai rilasciato?
Facciamo una media di una quindicina all'anno, quindi circa 300.

E allora, visto che in 300 interviste ti avranno già chiesto di tutto, facciamo così: qual è la domanda a cui avresti voluto rispondere e che non ti hanno mai fatto?
"Che cosa si prova a vincere lo scudetto?" Ma non è certo colpa dei giornalisti se non me l'hanno fatta...

Intanto la Virtus è più che mai in corsa. Sta facendo di tutto per farti smettere il più tardi possibile...
Eh sì. Quando ho annunciato l'addio nella lettera ai tifosi avevo scritto che speravo arrivasse il più tardi possibile. E i miei compagni stanno facendo in modo di esaudire questo mio desiderio. Sono veramente contento di queste due partite a Cantù, perché abbiamo sempre lavorato bene per tutto l'anno ma a un certo punto non riuscivamo più a far vedere sul campo il frutto del lavoro che facciamo in allenamento. Probabilmente hanno pesato un po' anche alcuni infortuni. Ci siamo ritrovati a Venezia, quando ci stavano sfuggendo addirittura i playoff. Ed ora eccoci qui, dopo due vittorie incredibili, perché arrivate su un campo dove quest'anno non aveva vinto nessuno. Sarebbe stato da scommetterci sopra, perché immagino che le quote fossero decisamente alte... Anzi, qualche tifoso che ci ha seguiti fino a Cantù l'ha addirittura fatto e credo che come minimo si sia ripagato il viaggio!

Se pensi a gara3, pensi più alla cerimonia di ritiro della tua maglia o a chiudere la serie?
Alla cerimonia penso già da qualche giorno. Vedere ritirata la propria maglia è il massimo riconoscimento che si può dare alla professionalità e alla dedizione alla causa di un giocatore. Quello che proverò, poi, lo scoprirò in quel momento. Però siamo tutti talmente concentrati che anche in questo caso il mio primo pensiero è chiudere la serie e andare in semifinale.

Dato per certo che la tua ultima partita è ancora lontana, ripartiamo dalla prima.
20 novembre 1994, Teorematour Roma-Benetton Treviso. Ce l'ho scolpita in mente. Ringrazierò sempre Attilio Caja per avermi mandato subito in campo, anche se ero giovanissimo e appena arrivato. E mi ritrovai contro un ex campione Nba come Orlando Woolridge. Ho avuto anche una palla buona per segnare subito i miei primi due punti, presi un bel rimbalzo in attacco ma sbagliai il tentativo di schiacciata. La mia avventura a Roma è iniziata così.

Di certo non pensavi che sarebbe durata 20 anni...
Assolutamente no. Da una parte devo dire ancora grazie a Caja e alla società di allora, perché mi hanno sempre dato fiducia e così ho potuto crescere in fretta come giocatore e farmi apprezzare. Dall'altra, a livello personale, gradualmente sono diventato romano anche io. Di carattere sono timido, all'inizio ero un po' chiuso, ma poi piano piano ho iniziato a sentire mia la città e naturalmente la Virtus.

Finché non sei diventato il capitano.
Accadde nel 2000, era andato via Ambrassa, che lo era l'anno prima, e così del nucleo storico ero rimasto solo io. Un po' me l'aspettavo e penso che l'investitura sia arrivata nel momento giusto. Quando sei il capitano hai la responsabilità di rappresentare la società sia verso l'esterno sia verso l'interno e devi saper diventare un punto di riferimento per i compagni di squadra con il tuo esempio.

E da capitano hai alzato subito un trofeo. La Supercoppa del 2000. Molti dicono che fosse solo una coppetta...
Macché. Anzi, per me vale molto di più, perché di solito la Supercoppa se la giocano due squadre. Invece quell'anno parteciparono tutte le formazioni di A1 e A2, con gironi preliminari, playoff e final four. Dove trovammo le due bolognesi e Treviso. E' vero che qualche giocatore importante non c'era perché era alle Olimpiadi, ma andate a rivedervi quelle formazioni... In finale battemmo l la Virtus Bologna, che in quell'anno vinse campionato, Eurolega e Coppa Italia. Ma non si può dire che fece il grande slam, perché perse la Supercoppa con noi! Quella vittoria poi ha un grande valore perché era l'inizio di una splendida stagione, con uno splendido gruppo. Non ci davano una lira, ma si creò subito un grande feeling tra di noi e arrivammo quarti in regular season, finendo eliminati ai playoff solo per un clamoroso errore arbitrale.

E' la Supercoppa la tua più grande soddisfazione?
I trofei contano, sarei ipocrita se non lo ammettessi. E quindi mi sarebbe piaciuto vincere di più. Ma di soddisfazioni ne ho avute tante. Ad esempio, aver vissuto quell'annata lì, che fu un po' come quella dell'anno scorso o come quella del 1995-96 quando riempimmo il Palaeur pur essendo sesti in classifica. Vivere stagioni eccezionali con un grande gruppo è un qualcosa che capita raramente negli sport di squadra. A me è capitato in più di un'occasione e la soddisfazione è proprio questa: dimostrare che più che il risultato che raggiungi, è il modo in cui cerchi di raggiungerlo la cosa che conta. E' sapere che sei riuscito a dare il massimo e forse anche qualcosa in più. E' un grande insegnamento che dà lo sport e se penso a un'eredità che vorrei rimanesse della mia carriera è proprio questo tipo di messaggio. Ho fatto tanti sacrifici, non ho vinto quello che speravo, ma se mi guardo indietro non rimpiango nulla.

Tra i sacrifici, c'è anche quello di aver lasciato la fascia di capitano prima a Datome e ora a Goss.
Sì, non lo nego. Ma era giusto così e sono felice che il capitano della Virtus sia stato Gigi, che ha rappresentato tantissimo per tutti noi, per la società, per i tifosi e per la città. Non potevo avere un successore migliore. Se lo meritava, si merita tutto quello che ha ottenuto finora e quello che sicuramente otterrà in futuro. E anche Goss è un grande capitano. E' raro trovare un americano che sposi in maniera così totale la causa e senta così tanto l'appartenenza alla maglia come è per lui con la Virtus.

Cos'è la Virtus Roma?
Da 20 anni, è tutta la mia vita. Ogni cosa che faccio, la mia giornata, i miei impegni e di conseguenza anche i miei momenti liberi, sono in funzione della Virtus. E' il mio mondo. Lo sono tutte le persone che lavorano in società, quelle che l'aiutano per passione, i tifosi che ho conosciuto in questi anni. Il mio rapporto prima era professionale, poi è diventato amore vero. Perché ho fatto come si fa in amore. Accettavo i prolungamenti di contratto alla prima proposta, per rimanere. Le ho dato tutto me stesso. E quando ci sono state incomprensioni e problemi che potevano allontanarmi, ho sempre pensato a risolverli per poter continuare questa storia, piuttosto che pensare: “Sai che c'è? Dopo tanto tempo, me ne posso pure andare”. E sono felicissimo che le cose siano andate così.

La partita che vorresti rigiocare?
La finale di Coppa Italia del 2006 contro Napoli. Ci ho messo parecchio per riprendermi. Avevamo fatto tutto bene, avevamo eliminato Fortitudo Bologna e Siena, eravamo stati sempre in vantaggio, giocando meglio. Semplicemente, nel finale ci mancò un po' di energia, probabilmente se non si fosse fatto male Obinna Ekezie, il nostro centro titolare, ai quarti di finale, saremmo arrivati più freschi e ce l'avremmo fatta. 

La tua partita più bella?
In Eurolega, a Istanbul contro l'Ulker, nel 2003-04. Arrivammo all'ultimo momento perché ci furono grossi problemi con l'aereo, mi pare addirittura un allarme terrorismo. Ci siamo cambiati e siamo entrati in campo. Feci 23 punti con 6/9 da tre e loro erano uno squadrone, perdemmo di 4. Giocai ad altissimo livello anche tutta la serie playoff contro Treviso nel 2001. Peccato per quell'inesistente fallo di sfondamento fischiato a Jerome Allen su Marcus Brown...

Il compagno di squadra più forte?
Bodiroga. Ma subito dietro di lui ci metto Datome.

Prima di Parker e Myers?
Sì, Gigi è fortissimo e presto lo dimostrerà anche in Nba.

Il compagno di squadra che ti ha sorpreso di più?
Sconochini. Arrivò e fu eccezionale, in campo e fuori. L'ho già ricordata, la stagione 1995-96 è una delle più belle. Poi è tornato dieci anni dopo ed è stato come se fossimo stati compagni di squadra fino al giorno prima. Un grandissimo. 

Uno sfizio che vorresti toglierti prima di smettere?
Ovviamente vorrei andare più avanti possibile. Mi piacerebbe rivedere un'altra volta il Palaeur pieno, so che c'è la possiblità di giocare lì se andremo avanti. Non mi è capitato molto spesso, ma è una sensazione molto forte e mi piacerebbe che la provassero anche i miei compagni. Se la meritano.

E tu meriti il ritiro della maglia. L'altra già ritirata è la 4 di Davide Ancilotto.
Ci penso spesso. Era un amico. Anzi, è un amico. E se riesco a parlarne ancora al presente devo ringraziare i tifosi di Roma, per come riescono a tenere vivo il suo ricordo nonostante sia passato così tanto tempo e nonostante lui abbia giocato solo un anno nella Virtus. Ha lasciato un segno profondo in tutti coloro che l'hanno conosciuto. Avevamo la stessa età, siamo arrivati in Nazionale insieme, abbiamo condiviso tante cose. E domani, quando vedrò la mia maglia ritirata accanto alla sua, sarà una piccola magia perché condividerò un'altra emozione con lui, anche se non c'è più da tanto tempo.

2 commenti:

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