Mercoledì
28 marzo 1984, meno uno. Piove sul lago Lemano. Piove di tutto,
quest'anno, sul Bancoroma. Le gocce che fanno traboccare il lago (il
vaso è già colmo) arrivano di prima mattina. Su Repubblica c'è
un'intervista a Larry Wright realizzata da Emanuela Audisio. Wright
ce l'ha con tutti. Sentite: “Qui
la gente gioca come se andasse a timbrare un cartellino al lavoro.
Finita l'ora, finito il lavoro. Del risultato non gli importa. E sa
perché? Perché firmato il contratto uno sta a posto tutto l'anno,
non viene licenziato, al massimo sta in panchina ma lo stipendio
arriva lo stesso. In America ci sono i tagli, se uno è improduttivo
sloggia e c'è la fila per rimpiazzarlo. Bianchini? Buon allenatore,
ma in America non durerebbe. Nessuno si farebbe urlare dietro le cose
che urla lui. Ma lo capisco, deve fare scenate, altrimenti i ragazzi
non lo capiscono. Io da casa me ne sono andato a 16 anni, questi
invece... lasciamo perdere. Individualmente sono tutti bravi ragazzi,
ma la testa, quella, è un'altra cosa. I miei compagni mi rispettano,
non mi amano. C'è una sensibile differenza, deve esserci e io voglio
che ci sia. In due anni a casa dei miei compagni sono andato tre
volte, perché solo tre volte sono stato invitato. Spero che
capiscano l'importanza di questa partita”.
Apriti
cielo. Varie colazioni vanno di traverso, lasciando macchie di caffè
sulle copie de “La Repubblica”. In questo clima, il Banco svolge
un doppio allenamento. Kea è l'osservato speciale, non gioca una
partita da 20 giorni. Ogni volta che incrocia lo sguardo di Bianchini
urla: “Coach, sono in forma! Sono in forma! Sono in forma!”. Una
sola seduta con fotografi, giornalisti, mogli e fidanzate per il
Barcellona.
Bianchini
programma la sua conferenza stampa dopo quella di Serra e si fa
riferire ciò che ha detto il collega. Serra mette le
mani avanti: “Qui ci sono le due migliori squadre d'Europa, ma non
i due migliori arbitri. Sento dire che dopo che il Real Madrid ha
vinto la Coppa Coppe, la Fiba non vuole che la Spagna vinca due
trofei. Mi rifiuto di crederlo e spero che non ci sia un gioco troppo
fisico. Voi siete abituati, noi no”. Ed ecco Bianchini: “Rigas
è tra i più promettenti, di Grigoriev mi parlano tutti bene. Non
credo che verremo penalizzati per il gioco duro. Io lo chiamo
progresso. Da noi si difende di più e meglio, da quando sono
arrivati gli ex professionisti”. Poi l'arringa finale: “Ai miei
giocatori ho detto: Atleti più forti di voi e allenatori più bravi
di me non hanno mai avuto l'opportunità di giocare la finale di
Coppa Campioni. E' una occasione storica. Siamo pronti a qualsiasi
cosa, ma dobbiamo uscire da qui da campioni d'Europa”. Poi
allenamento. A metà, Wright si ferma e si tocca una coscia. Paura.
Niente di grave, per fortuna.
Se poi, in fin dei conti, volete leggere l'intervista integrale di Wright e sapere come reagirono Bianchini e la squadra, c'è Banco! L'urlo del Palaeur, che trovate qui.
"Del risultato non gli importa. E sa perché? Perché firmato il contratto uno sta a posto tutto l'anno, non viene licenziato, al massimo sta in panchina ma lo stipendio arriva lo stesso. In America ci sono i tagli, se uno è improduttivo sloggia e c'è la fila per rimpiazzarlo". In queste parole le miglior risposte per chi ancora sogna un ritorno al passato, con le squadre sempre uguali da inizio alla fine
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