Non è
importante dove giocherà Phil Goss l'anno prossimo. E' molto più
importante che ieri abbia giocato quando nessun altro americano, e
chissà quanti italiani, l'avrebbe fatto. Rischiando di farsi
ancora più male, a discapito di se stesso e anche della squadra dove
giocherà l'anno prossimo. Qualunque essa sia, sarà stato bello aver
tifato per un giocatore come lui. Il cuore che disegna con le mani
sembra piccolino, ma in realtà il suo è grande così e, anche se
non ce n'era bisogno, ce l'ha dimostrato un'altra volta, in una sera
solo apparentemente triste.
Sì, non
credo che sia stata una serata triste. Sono sicuramente strano, ma
d'altronde se fossi normale non permetterei che il mio umore venga
condizionato da una partita di basket. Però non dobbiamo
dimenticarci che se all'inizio dell'anno ci avessero detto che
saremmo arrivati nelle prime 4, tanti di noi non ci avrebbero
creduto. Se ce lo avessero detto un mese fa, quasi tutti ci saremmo
messi a ridere. Invece ci siamo ancora, per il secondo anno
consecutivo, certo non con un budget da prime 4 e al termine di una
stagione dove c'è stato da cadere e rialzarsi più di una volta.
Questa squadra sghemba, storta, a volte avulsa e più spesso
convulsa, che ci ha reso più confusi che felici ma che a un certo
punto era addirittura prima, con tanti ed evidenti limiti, ha vinto 2
volte in 3 giorni a Cantù, dove avevano perso tutti. E poi ha vinto
un supplementare durissimo dopo essere stata ripresa all'ultimo
secondo, quindi nella condizione ideale per perderlo.
E' per
questo che ieri c'erano 6200 persone al Palaeur. Scelta giusta, non
solo perché al Palazzetto 2700 persone sarebbero rimaste fuori. Ma
perché in un Palasport così grande dove è facile perdersi, secondo
me invece ci siamo ritrovati. Chi c'era ha soprattutto tifato. Al di
là di quel che può essere scappato dalla bocca del vostro vicino di
posto, non s'è sentito un fischio. Ho sentito solo tanto tifo,
finché c'era un lumicino di speranza. Ho sentito un “Che sarà,
sarà...” ispirato a un vecchio Roma-Bayern Monaco che segnò la
fine di un ciclo. Anche lì si partiva da 0-2. Quel giorno l'Olimpico
esultò all'inutile gol di Nela, come ha fatto ieri il Palaeur
all'ultimo inutile tiro da tre di Mbakwe. Quell'esultanza sapeva di
applauso finale. Poi c'è stato pure quello, mentre Jones e Mbakwe
lasciavano il parquet.
Quello
che sto cercando di dire è che è stato un anno pieno di lacerazioni
anche per noi, oltre che per la squadra. Però al Palaeur c'è stato
un tifo unito e compatto, al termine di una stagione in cui le
“anime” della curva s'erano divise. Ieri nessuno ha tifato per
Calvani, ma solo per Dalmonte, anche se non siamo riusciti ad
attaccare bene la zona. Il tifo è stato seguito spesso da tutto il
palazzo, segno che evidentemente questi “occasionali”, tanto
“occasionali”, almeno nei sentimenti, non lo sono. Chissà che
non facciano più bene alla Virtus loro che non gli abbonati che
insultavano Dalmonte perché voleva salvaguardare la differenza
canestri con Pistoia.... Chissà che, avendo il coraggio di aprirsi
di più, non ci possa essere da guadagnare... Varrebbe la pena
provarci, correndo il rischio di farsi qualche partita con duemila
persone in un Palazzo da diecimila.
So bene
che non accadrà e comunque mi tengo stretto questo ritorno a casa.
Perché ci ho intravisto la dimostrazione di un qualcosa di cui sono
sempre stato convinto. Di un qualcosa la cui dimostrazione in carne ed ossa è Phil Goss. E cioè che ciò che l'idea di Virtus può dare tanto a chi è in grado di coglierla e che ad amare la Virtus siamo più di
quelli che pensiamo e che l'amore per questi colori può fare molto
più di quello che noi stessi pensiamo. Magari basta davvero solo un
po' di coraggio.
Dimenticavo:
ha vinto con merito la squadra più forte. Composta da giocatori che
prima della serie con Reggio Emilia non si sono allenati perché
c'era un ritardo nei pagamenti. Non a caso, uno come Phil Goss sta
dall'altra parte.
Di questi tempi, contro una squadra più forte e con prezzi non esattamente popolari, 6200 persone non sono poche.
RispondiEliminaConcordo, non sono per niente poche!
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