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giovedì 3 aprile 2014

Larry Wright: "Bancoroma, una grande squadra" - prima parte

Da "Il Romanista" del 2 aprile 2014, intervista di Luca Pelosi


E’ passato qualche giorno dal trentennale, ma se in 30 anni il ricordo è ancora vivo, non è certo qualche giorno che può farlo appassire. Figuriamoci nel grande eroe della finale di Coppa dei Campioni vinta a Ginevra dal Bancoroma sul Barcellona. Larry Wright è uno che non dimentica il passato, lo dimostra il percorso della sua vita. Non completò l’università perché invocando lo stato di indigenza, divenne professionista prima di laurearsi. Ma poi, dopo aver smesso di giocare, s’è laureato (Amministrazione dello sport). Per tanti anni ha allenato la squadra del suo college, oggi è il vice preside alla Rayville High School (lì è nato Elvis Hayes, suo compagno di squadra nei Washington Bullets campioni Nba nel 1978). Perché non dimentica il passato: «Tanta gente mi ha aiutato quando ero giovane. Ora voglio fare qualcosa per aiutare i bambini e ripagare le persone che mi hanno aiutato». Il suo passato è anche Roma. In particolare, in questi giorni, la Coppa dei Campioni.

Che cosa ricorda di quella partita?
Se ripenso a quella partita, la prima cosa che mi viene in mente è una squadra, il Banco di Roma, che non voleva arrendersi. E infatti ha vinto, anche se forse a un certo punto nessuno, all'infuori di noi, immaginava che potessimo rientrare in campo e vincere.

Che cosa accadde nell’intervallo?
Come leader della squadra, ricordo di aver detto ai miei compagni di squadra che ormai la prima metà era andata, dovevamo concentrarci per giocare in maniera perfetta il secondo tempo se volevamo diventare campioni d’Europa. Sapevo che potevamo farcela perché conoscevo il mio e il loro valore. Infatti nel secondo tempo ognuno di noi ha dato il suo contributo, perché nessuno ha voluto rinunciare. Ripeto, l’immagine che ho in testa è proprio questa: una squadra che non s’è voluta arrendere.

Dove avete trovato la forza per crederci?
La mia esperienza al college e in NBA mi aveva insegnato che una partita non è mai finita finché non è finita. E’ un insegnamento che provo a trasmettere anche agli studenti della nostra scuola. Nel basket bisogna correre e a Ginevra nel primo tempo non l’avevamo mai fatto. Sapevo che se nel secondo tempo fossimo riusciti a giocare il nostro contropiede, situazione dove io mi esprimevo al meglio, avremmo potuto ribaltare la partita. 

E così lei divenne il primo giocatore a vincere Nba, un campionato europeo e la Coppa dei Campioni.
Ne sono orgoglioso. Ma non è stata una vittoria mia, è stata una vittoria di tutta la squadra. Senza i miei compagni non ce l’avrei mai fatta.

(continua...)

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