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giovedì 25 settembre 2014

La strada per il Palaeur è appena iniziata (ovvero: ecco perché la campagna abbonamenti non va considerata una sconfitta)

Trent'anni fa, appena tornato dal Brasile, il Banco scoprì che non avrebbe potuto utilizzare il Palaeur. L'Ente Eur, infatti, ha finito i soldi e ha rotto tutti i contratti con le ditte che dovrebbero occuparsi della manutenzione dell'impianto. E per risolvere il problema non ci vorrà poco tempo. Il Banco sarà costretto a giocare in Piazzale Apollodoro chissà fino a quando. Il Corriere dello Sport definisce la prospettiva “un incubo”. Bianchini dichiara: “E' incredibile, ma se ai politici non importa giocheremo a Settebagni. Tornare al Palazzetto è un passo indietro. Le luci sono inadatte, i canestri poco regolari, gli spogliatoi penosi, la sala stampa non attrezzata. E tanti saluti all'azione di divulgazione che abbiamo fatto”. Qualcuno propone che l'Ente Eur passi al Coni. Qualcun altro propone la copertura del centrale del tennis. In società sono tutti arrabbiati.

Sono passati trent'anni. Il centrale del tennis è cambiato due volte, ma continua a non esserci la copertura. La Virtus per il quarto anno consecutivo giocherà al Palazzetto, qualcuno è triste e qualcuno è contento. Accadrà perché non sono stati raggiunti i 2400 abbonati, com'era scontato che fosse. D'altronde, non puoi pensare di fare il record di abbonamenti degli ultimi 25 anni quando ha il budget più ridotto degli ultimi 25 anni per fare la squadra (e pagare l'affitto dell'impianto). Né c'è bisogno di una campagna abbonamenti per dimostrare che c'è più pubblico all'Eur piuttosto che al Palazzetto. E' così, è dimostrato sia da 34 anni di storia in Serie A di questa società, sia da ciò che è avvenuto l'anno scorso: avanti 2-0 con Cantù, c'erano 2700 persone al Palazzetto. Sotto 0-2 con Siena, c'erano 6200 persone all'Eur.

L'errore è stato fatto al punto di partenza. I 34 anni di storia della società in Serie A, oltre a dimostrare anche che il presunto “ambiente più caldo” nel Palazzetto incide meno di zero sui risultati, avrebbero dovuto distogliere dal legare la scelta del Palasport in cui giocare agli abbonamenti. Perché la cultura dell'abbonamento qui non c'è mai stata. Abbiamo assistito spesso ad annate al Palaeur con pochi abbonati ma picchi di presenze importanti e medie stagionali finali di molto superiori al numero di abbonati. Già questo sarebbe sufficiente per andare stabilmente all'Eur, perché l'obiettivo deve essere avere 3501 persone nel palazzo grande piuttosto che 3499 in quello piccolo. E non ha molto senso sfidare la gente al grido di: “Volete il Palaeur? Allora abbonatevi”. Una società che ha l'obiettivo di aumentare i propri tifosi non sfida la gente, ma le va incontro. L'intenzione forse non era quella, ma a molti ha dato questa impressione.

Il punto di arrivo, però, è positivo. Basta cambiare la prospettiva da cui guardare le cose. La cultura dell'abbonamento non poteva certo essere creata in un mese. Però i motivi di speranza non mancano. Ci sono stati tifosi che si sono messi addirittura a volantinare per strada. E in realtà la Virtus sta iniziando veramente ad andare incontro alla gente. La campagna abbonamenti è stata fatta bene, andando incontro a qualsiasi necessità, come mai era successo prima. Terminerà a novembre, quando è prevista la seconda gara casalinga di campionato. Se anche ci sarà un solo abbonato in più rispetto all'anno scorso, ne sarà valsa la pena. E magari un giorno si tornerà stabilmente al Palaeur. Se anche servisse per avere uno spettatore in più, col biglietto o con l'abbonamento che sia, ne varrebbe la pena.

Stavolta non è come 30 anni fa. Non è un passo indietro, ma forse, anche se non si vede, abbiamo iniziato a fare un passetto avanti.


Se poi, in fin dei conti, volete sapere come andò a finire con l'Ente Eur 30 anni fa, c'è sempre il libro “Banco! L'urlo del Palaeur”.

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