Prima di Enrico Gilardi e dopo Mike Bantome, era toccato a
Scott May. Anno d'oro, per lui, il 1976. Con Indiana vince il titolo Ncaa e
viene premiato come miglior giocatore della finale. Si merita quindi la
convocazione per i Giochi di Montreal, passando dalle mani di Bobby Knight a
quelle di Dean Smith, che ha il compito di metter su una squadra in grado di
vendicarsi del furto subito a Monaco dall'URSS. Con May ci sono anche Adrian
Dantley, Steve Sheppard (che giocherà nella Lazio), Phil Phord, Thomas LaGarde
e altri giocatori che faranno poi la loro più che onorevole carriera nella Nba.
Resta fuori Butch Lee, che trova subito “asilo” a Portorico e si vendica
segnando 35 punti agli USA in una partita che gli americani vincono 95-94
grazie all'arbitro e a due tiri liberi di Phil Ford.
La rivincita con l'URSS, però, non ci sarà. Gli USA fanno il
loro, vincono tutte le partite e arrivano in finale. In semifinale però
l'Unione Sovietica trova la Jugoslavia, che ci è arrivata dopo aver battuto di
un punto l'Italia (che sarà quinta) grazie a un tiro da lontanissimo di Slavnic
a 3 secondi dal termine. La Jugoslavia batte l'URSS 89-84 e arriva a giocarsi
il titolo in una finale senza storia, vinta 95-74 dagli americani.
Così Scott May divenne campione olimpico. Avrebbe potuto
andarci anche nell'atletica, secondo quello che si diceva di lui e della sua
esplosività fisica all'high school, quando volava sugli ostacoli bassi. Arrivò
al Banco nel 1986 per poche, bellissime, partite. Poi Elvis Rolle, che qualche
anno dopo avrebbe fatto danni perfino peggiori alla Virtus, gli ruppe un
braccio e ruppe anche la magia di un Banco che avrebbe potuto arrivare molto
lontano.
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